Torino 1896. Ditta Moriondo e Gariglio in via Artisti 36 che impiegava circa 200 operai per la produzione del cioccolato
Bruno Foco col suo biplano |
Il torinese Bruno Foco figlio di un portalettere, e senza aver frequentato studi adeguati, a diciotto anni si appassionò ai problemi aeronautici incuriosito dagli esperimenti di Faccioli a Venaria e, tra il 1908 ed il 1909, realizzò un biplano sperimentale. L’ala di questo biplano aveva un’apertura di 10 metri e una superficie alare di 60 metri quadrati; i piani di controllo, di tipo portante, avevano un superficie totale di 20 m2. Dati i materiali impiegati nella costruzione, il velivolo risultò di peso superiore al previsto il che gli impedì di aver successo. Foco iniziò la costruzione di un secondo biplano molto simile al precedente, per il quale impiegò però materiali più leggeri. Non risulta sia stato completato.
Biplano “quadricellare” Martino |
Con la denominazione di “biplano quadricellare”, Luigi Martino (meccanico nelle Ferrovie dello Stato) progettò un velivolo costituito da due cellule biplane poste in tandem. La superficie alare era di 62 metri quadrati e il peso totale di 460 chili. Il progetto prevedeva due timoni verticali posteriori ad azione simmetrica e parallela, azionati per mezzo del volante che serviva anche ad azionare le ruote di lancio. La progettazione e poi la costruzione iniziarono a partire dal 1905 a Scalenghe nell’officina Azzario con la collaborazione di tre amici volonterosi, Roncuzzi, Negro e Varalle. Il motore utilizzato per le prime prove a terra era un Anzani da 45/50 CV, sostituito in seguito da un motore progettato dallo stesso Martino e realizzato a Torino, nell’officina delle scuole serali di via Ormea. Dopo quattro anni di studi e modifiche le prove di collaudo del “quadricellare” ebbero luogo sul campo di Venaria alla fine del 1909, ma con scarso successo.
1910. Il prototipo di Bruno & Geninatti in via Roma |
Costruì nel 1910 un monoplano molto accurato. Era dotato di un complicato carrello costruito con tubi nichelati e pattini di legno.
Ogni ala era in due pezzi e tenuta da ben dodici tiranti di fune metallica. La coda era formata da due semicerchi che funzionavano da timoni di profondità e direzione.
Il velivolo, di peso eccessivo, non riuscì mai a prendere il volo. Queste ultime quattro aziende furono presenti all’Eposizione areonautica di Torino tenutasi dall’8 al 24 aprile del 1910.
Il medico torinese dottor Attilio Robiola fin dal 1909 aveva iniziato a studiare e a progettare mezzi di locomozione aerea basati sull’osservazione del volo degli uccelli a conclusione dei quali ideò “un aeroplano che non può rovesciarsi”, e cioè un “aeroplano autostabile”. Robiola brevettò il suo sistema in Germania (1909) e nel Regno Unito (29 febbraio 1912 n. 1910/27876) con il titolo “Sistema di controllo migliorato per aeronavi e battelli sottomarini”.
In applicazione pratica dei suoi studi costruì, a cavallo tra il 1912 e il 1913, un interessante velivolo, da lui stesso denominato “Idromultiplano”, che così veniva descritto dal giornale inglese “Indipendent” nel 1914: “Un nuovo tipo di macchina volante, il multiplano Robiola, è costruito su questo principio (autostabilità) ed è interamente di metallo, con sei piani alari, uno sopra l’altro”.
Egli riuscì ad ottenere la collaborazione del Battaglione Aviatori, che gli concesse due motori Gnôme da 80 CV, e tentò i voli di collaudo a Mirafiori nel novembre 1913, ma senza successo anche a causa dell’eccesivo peso (circa 1 tonnellata) per cui il suo progetto naufragò senza appello.
Dopo il tentativo con questo aeroplano Robiola lasciò perdere l’aeronautica, ottenendo però negli anni ’20 alcuni brevetti per progetti di motori. Robiola descrisse le sue teorie in un libretto di trenta pagine dal titolo “L’idroaeroplano Robiola – La Teoria di Edison in armonia coi principi ideati e applicati dal dott. Robiola” pubblicato a Pavia della Tipografia Succ. Bizzoni nel 1912.
Tra le fabbriche per la produzione di accessori per l’aviazione operavano:
Accanto a queste attività artigiane e sperimentali nacquero però anche le industrie.
L'unico esemplare completato dell'orto elicottero Miller-Fuseri. Nonostante la modesta qualità dell'immagine si possono rilevare la stranezza e l'assurdità di questa macchina volante, pensata dal farmacista di Fossano.
All’ing. Miller va il merito di aver costituito a Torino nei primi mesi del 1909 la prima officina italiana per le costruzioni aeronautiche più pesanti dell’aria. La fabbrica dell’ing. Franz Miller, messinese di nascita nonostante il nome, fu fondata infatti a Torino, in via Legnano 9.
L’officina consisteva di due vasti locali utilizzati per le lavorazioni meccaniche; il montaggio avveniva nel cortile. Il personale era formato da una trentina tra operai ed impiegati.
Le esperienze di Miller in campo aeronautico risalgono al 1906, epoca in cui costruì e fece volare modelli in scala ridotta caratterizzati dall’avere un’ala monoplana a diedro curvo. Nel marzo-aprile del 1908 realizzò un motore a 4 cilindri di 40/50 CV a cui fece presto seguito un tipo da 100 CV.
La pubblicità della neonata fabbrica così recitava: “Esecuzione di qualsiasi macchina per volare dietro semplice schizzo”. Tale affermazione incuriosì un farmacista di Fossano e così nacque un’importante storia. Racconta Pietro Gasco nel suo libro “Come nacque l’aviazione in Italia”:a
“Il Dr Fuseri, farmacista in Fossano in provincia di Cuneo, ideò disegnò e si fece costruire in Fossano un ornitottero che venne poi provato sulla piazza d’armi della cittadina. Nella prima prova si alzò di circa 1 metro”.
cosa che non riuscì più a fare nelle prove successive [N.d.A.]
“Il Dr Fuseri appena venne a sapere che stava per nascere a Torino una ‘Fabbrica di macchine per volare’ vi si recò con i suoi disegni ed il suo grande entusiasmo e dopo un colloquio con l’ing. Franz Miller, riuscì a formare una società per la costruzione dell’orno-elicottero e del relativo motore. Alla società concorsi pure io, con 4 carature da 100 lire l’una”.
Il primo velivolo a essere costruito (in due esemplari) fu appunto l’orto-elicottero (multiplano ad ali battenti con motore Miller da 100 CV azionante un’elica ruotante su asse verticale) del dottor Fuseri, che però non riuscì mai a volare.
1909. L'"Areocurvo" Ponzelli-Miller a Mirafiori
A questo piccolo fatto, che passò quasi inosservato, si può far risalire quella che storicamente può essere considerata la prima commessa aeronautica in Italia. Costituisce in altre parole la nascita ufficiale del primo embrione dell’industria aeronautica italiana per la costruzione, aeronauticamente parlando, del “più pesante dell’aria”.
Dimenticato lo sfortunato esordio con Fuseri, l’attività di Miller proseguì con successo con la costruzione di un velivolo (elicoplano), e del relativo motore, per conto del bolognese Mario Cobianchi che ne fu anche progettista e disegnatore.
Il “Cobianchi-Miller” partecipò in settembre al Circuito di Brescia, ma riuscì a effettuare solamente rullaggi, per cui nell’ottobre venne inviato a Bologna per essere modificato a cura di Cobianchi.
Miller poi realizzò, sempre nel 1909, su progetto dell’ing. Ponzelli, l’“Aerocurvo”, che fu collaudato sull’ippodromo di Mirafiori e fu il primo monoplano italiano a volare. Anche questo fu iscritto al Circuito aereo di Brescia del 1909 dove doveva essere pilotato dal pioniere e mecenate dell’aviazione barone Leonino Da Zara di Bovolenta (PD) il quale tuttavia, a causa di un incidente nella fase preparatoria, non poté partecipare alla gara. Nel 1910 Miller costruì su progetto dell’ing. Lucchesi un monoplano dotato di motore Miller da 35 CV, che fu collaudato sulla piazza d’armi di Torino. Come diceva la sua pubblicità, egli si dedicò anche alla costruzione di dirigibili, il primo dei quali su commessa di Celestino Usuelli e Mario Borsalino. Lungo 51 metri con il diametro di 9,5, il prototipo del dirigibile (il cui cantiere di costruzione era stato impiantato a Lombardore) fece il primo volo il 16 agosto del 1910. Usuelli poi si trasferì a Milano dove proseguì la produzione dei suoi dirigibili.
L’attività di Miller quale costruttore aeronautico andò poi man mano rallentando per difficoltà economiche dovute allo scarso successo commerciale ottenuto.
1910. Monoplano Miller
Fra il 1909 ed il 1914 si affacciò alla ribalta torinese, oltre alla citata Miller, un folto gruppo di nuovi laboratori, ditte aeronautiche, o progettisti, fra cui:
Il veneziano Antonio Chiribiri, meccanico motorista, emigrò a Torino in cerca di fortuna presso la nascente industria automobilistica. Dopo alcune esperienze lavorative approdò alle officine Miller dove divenne capotecnico e dove curò la costruzione di vari prototipi di motori introducendovi particolari costruttivi di sua invenzione.
Nel 1910 si mise in proprio e aprì un’officina in via Don Bosco 68 per curare la realizzazione di un motore di sua progettazione da 40 CV, derivato da un tipo analogo per automobile, che fu definitivamente collaudato al banco nel febbraio del 1911 funzionando per oltre 11 ore senza inconvenienti. Contemporaneamente egli realizzò un monoplano “Chiribiri 1”, derivato dal francese “Blériot”, sul quale installò il nuovo motore.
Il tentativo di portarlo in volo venne fatto da Chiribiri stesso che, sprovvisto dei più elementari rudimenti di pilotaggio, concluse il volo con un rovinoso schianto al suolo dal quale uscì miracolosamente illeso. Memore della lezione cercò e trovò nella persona di Maurizio Ramassotto un collaboratore cui affidare le prove di volo.
1911. Chiribiri 1 |
1911. Chiribiri 2. Ramassotto e Chiribiri |
Nel Luglio 1911 nacque il “Chiribiri 2” che, pilotato da Ramassotto, volò senza incidenti sorvolando la città. Va in particolare segnalato che il 14 ottobre 1911 Ramassotto, sul “Chiribiri 2”, conseguì il primo brevetto di volo rilasciato sull’aerodromo di Mirafiori.
14 ottobre 1911. Maurizio Ramassotto a bordo del Chiribiri 2 con quale conseguì il primo brevetto rilasciato sull'areoporto di Mirafiori.
Nei mesi seguenti Chiribiri inaugurò una scuola di volo che ebbe come istruttore il Ramassotto stesso e i cui primi allievi furono il conte Muzio Gallo e De Croce.Alla fine del 1911 uscì il “Chiribiri 3” con motore da 80 CV e studiato per l’uso militare, ma dopo alcune prove lo sviluppo del velivolo venne abbandonato per la difficoltà di messa a punto del motore.
Nel maggio del 1912 con fini promozionali e propagandistici due Chiribiri pilotati da Ramassotto e Paolucci si esibirono dapprima a Cagliari e poi a Genova dove utilizzarono come campo il Lido di Albaro. In luglio venne collaudato il “Chiribiri 5” progettato anch’esso per uso militare, che venne iscritto al Concorso Militare del 1913, ma senza successo. L’attività aeronautica di Chiribiri proseguì fino al termine della Grande Guerra, limitandosi però alla sola produzione in serie di motori “Le Rhône”.
Nel dopoguerra la Fabbrica Chiribiri si convertì alla produzione di autovetture che ottennero un buon successo commerciale, ma questa è un’altra storia.
|
Francesco Darbesio, nato nel 1879 a Roma da genitori piemontesi, ritornò a Torino giovanissimo e qui compì i suoi studi, laureandosi in ingegneria. Egli si dedicò, all’inizio del secolo, all’automobilismo, fondando la società “Taurinia” e poi, dopo essere stato in Francia alla scuola di Mourmelon, si dedicò alla progettazione di aeroplani per la costruzione dei quali costituì con l’ing. Origoni la Società “Asteria” con sede in via Salbertrand.
Alla fine del 1909, stimolato anche dall’impresa di Faccioli, iniziò la costruzione del prototipo dell’“Asteria 1”, ispirato progettualmente al francese Farman, migliorandolo con alcune sue innovazioni. Su richiesta del Ministero della guerra l’”Asteria 1” venne inviato nel 1910 al campo romano di Centocelle ove nei primi giorni di ottobre iniziò i suoi voli pilotato alternativamente dal meccanico della ditta, Emilio Pensuti e dal tenente Gavotti.
Il 6 Marzo 1911 vide la luce l’“Asteria 2”” che fu presentato a Torino e poi trasferito per le prove di collaudo sul nuovo campo di Salussola (bi), pilotato prima da Pietro Cavaglià e poi da Raimondo Marra. Tra le modifiche apportate a seguito delle esperienze di Centocelle, fu aumentata la superficie alare e la capacità del serbatoio mentre la deriva fu trasformata da singola a doppia. Ma il fatto più significativo per l’Asteria fu la vendita del biplano “Asteria 2” al Governo italiano, che lo trasferì a Bengasi, una delle basi aeree italiane nel conflitto italo-turco. Fu il primo apparecchio di progettazione nazionale acquistato dall’Esercito Italiano. Nel frattempo l’ing. Darbesio realizzò anche un motore sperimentale rotativo a 7 cilindri, della potenza di 70 CV, che venne presentato all’Esposizione Internazionale di Torino.
L’8 settembre 2011 l’Asteria inaugurò sul nuovo aeroporto di Mirafiori la “Scuola di Aviazione Asteria”. Istruttore era Giuseppe Rossi e tra i primissimi allievi figurò il noto giornalista e scrittore di successo Adone Nosari.
L’“Asteria 3”, sempre con l’ormai consueto motore “Gnôme 50 CV”, studiato per poter soddisfare anche le necessità di impiego militare, fu collaudato a Mirafiori nel settembre 1911. La variante principale riguardava la costruzione di una carlinga per riparare pilota e passeggero. Nel pomeriggio del 20 Settembre il pilota Rossi, con un passeggero a bordo, stabilì un significativo record italiano in quanto rimase in volo per 2h 2’29’’.
Il nuovo biplano “Asteria 4”, che conservava almeno in parte l’architettura del “n. 2,” vedeva l’abolizione del piano di controllo anteriore; il piano di coda divenne monoplano e non più biplano e venne dotato di un nuovo motore da 70 CV della ditta luct di Torino. Pilotato da Giuseppe Rossi il collaudo avvenne nella primavera del 1912 sul campo di Mirafiori.
Nell’autunno Darbesio realizzava il “tipo mb”, un monoplano munito di motore Gnôme 50 CV che fu poi sostituito dall’“80 CV”, il quale permetteva al velivolo di meglio adattarsi all’eventuale impiego militare. Darbesio infatti, all’inizio del 1913, decise di partecipare al Concorso Militare indetto per selezionare il velivolo da dare in dotazione all’esercito.
Nuovo capo pilota dell’Asteria era Giuseppe Nosari, che aveva lasciato l’aviazione militare e sostituito Rossi. Purtroppo il 3 febbraio Giuseppe Nosari precipitò e perse la vita sul campo di Mirafiori.
Questo tragico evento indusse Darbesio non solo a ritirarsi dal Concorso Militare, ma ad abbandonare completamente la costruzione di aerei.
Nel periodo della Prima guerra mondiale riprese però a interessarsi di aerei iniziando la collaborazione con la sezione aviazione delle Officine di Savigliano e completando nel 1916 lo sviluppo del progetto di un interessante bimotore la cui realizzazione venne iniziata dalla sit, ma non giunse a compimento.a
Assunse più tardi la carica di Segretario della Sezione Torinese dell’Associazione Italiana di Aerotecnica, che mantenne sino al 1944, anno della sua morte.
1912. Il Blériot XI Idro costruito dalla SIT su licenza. Questo modello in versione terrestre era stato utilizzato da Geo Chávez per la prima traversata delle Alpi (da Briga, in Svizzera, a Domodossola) il 23 settembre 1910
Nel 1914 su un sit-Blériot dotato di motore Gnôme da 50 CV, Romolo Manissero eseguì per primo in Italia, sul campo di Mirafiori, una serie di di looping e altre figure acrobatiche. Nello stesso anno Manissero collaudò sul Po, con piena soddisfazione, un Blériot-idro con motore Le Rhône da 90 CV, che però ebbe uno scarso interesse commerciale. Nell’estate del 1917 la sit fu acquistata dall’Ansaldo e assunse il nome di “S.A.I. Gio. Ansaldo C. – Cantiere aeronautico n. 3”.
Uno scheramento di SIA-SP3
Il Farman 5B. Primo aereo prodotto dalla FIAT - SIA su licenza Farman nel 1914
1917. Le Officine SIA sul campo di Mirafiori. Si intravede uno schieramento di SIA 7B ( a sinistra un SIA 14 B)
La produzione intanto venne trasferita nei capannoni costruiti sul campo di Mirafiori dai quale uscirono gli sp.3 e poi, dal 1916, i sia “7b1”, famosi per essere stati utilizzati sia per la dannunziana “beffa di Buccari” (vedi p. 112) che per la storica impresa di Giulio Laureati (vedi p. 102), seguiti poi nel 1917 dai “7b2” con motore a12 bis da 300 CV. L’evoluzione dei modelli continuò senza sosta e giunse anche alla produzione di bombardieri (9 b) e bimotori (14 b).
A partire dal 1918 la sia prese il nome di FIAT Aviazione. Successivamente con l’acquisizione, avvenuta nel 1926, da parte della FIAT degli stabilimenti aeronautici Ansaldo di corso Francia 266, tutte le attività aeronautiche confluirono nella società “Aeronautica d’Italia”.
Nel settore motori operarono, a partire dal 1908 e fino alla Prima guerra mondiale:
1908. Il motore SA 875 da 3 litri, primo |
Il motore A 12 della FIAT, il più diffuso tra i motori italiani |
SPA fu pertanto la ditta italiana che costruì, oltre al primo motore per aeroplani, anche il primo motore per dirigibili, entrambi realmente collaudati in volo.
Nel 1909-1910 fu prodotto un motore da 35/40 CV installato sul dirigibile “Ausonia” realizzato da Nico Piccoli e successivamente un 4 cilindri di 80/100 CV anch’esso, come i precedenti, raffreddato ad acqua, che fu installato sul dirigibile Usuelli-Borsalino costruito nell’Officina Miller.
Nel 1916 la spa produsse il motore che diverrà il più famoso nel mondo aeronautico italiano di allora, lo spa 6a da 220/230 CV, installato dapprima sugli sva degli Ingg. Savoia e Verduzio e poi, nel periodo bellico, prodotto su vasta scala in oltre 3.000 unità. Il motore spa 6a equipaggiò i celebri biplani sva (Savoia Verduzio Ansaldo), protagonisti del volo di D’Annunzio su Vienna del 1918 e del Raid Roma-Tokyo di Arturo Ferrarin nel 1920, nonché di innumerevoli imprese aeronautiche a livello mondiale nel primo dopoguerra.
Nel dopoguerra la spa cessò pressoché completamente la produzione per l’aviazione e fu più tardi assorbita dalla FIAT.
Il motore Itala da 65 CV
Motore rotativo LUCT da 80 CV 9 |
1913. Stabilimento della SIMGER - Società Italiana Motori Gnôme e Rhône
Aumentato di potenza a 320 CV venne presentato negli Stati Uniti dove riscosse un buon consenso da parte dei tecnici, ma uno scarso interesse commerciale per cui ne venne abbandonato lo sviluppo.
Il motore Lancia tipo 4 |
Il Caproni CA.38 con motore Lancia tipo 4 da 250 CV |
Manifesto celebrativo dell'impresa di |
Nel marzo del 1913 il “Gabarda” venne provato con successo per la prima volta a Milano-Taliedo pilotato da Paolucci.
L’avvio della produzione coincise (sempre con i soldi dei Carbone) con l’acquisizione dei terreni tra Cameri e Bellinzago per l’ampliamento dell’esistente aeroporto, destinato al collaudo dei velivoli che, ottenute le necessarie autorizzazioni dalla dtam, venne inaugurato nel settembre 1913.
Filippo Cevasco, pilota collaudatore ufficiale della ditta, curò la messa a punto e fu l’artefice di alcune imprese veramente d’eccezione che diedero conferma delle qualità del velivolo.
1914. Il capo pilota Zanibelli (sx) sul simulatore di rullaggio Gabardini “Tartaruga”
Il 13 Luglio 1913 Cevasco effettuò il volo Milano-Torino avendo a bordo 3 passeggeri e qualche giorno dopo ripetè l’impresa andando da Milano a Venezia, sempre con 3 passeggeri.
Roma 1914. Il pilota Cevasco ammara sul Tevere con il Gabardini “Idro-Gabarda”
Nell’ottobre di quell’anno Gabardini trasformò il proprio velivolo in idrovolante mediante l’installazione di una coppia di galleggianti. Nel dicembre, Cevasco sul “Gabardini-idro”, fece un volo da Sesto Calende a Roma con tappe a Genova e a Livorno. Tutta la stampa italiana diede un grande risalto alla felice riuscita del raid.
Nel 1913 sull’aeroporto di Cameri venne inaugurata la scuola di pilotaggio che rilasciò il primo brevetto di volo il 2 dicembre di quell’anno.
L’attività didattica venne consolidata e ampliata per consentire l’addestramento di un gran numero di allievi.
Stando ai numeri ufficiali diffusi da Gabardini la scuola brevettò fino al 1922 circa 1.500 allievi, tra cui quel Natale Palli che compì con D’Annunzio lo storico volo su Vienna, Renato Donati, Gianni Ancillotto, Arturo Ferrarin, il genovese Ciro Cirri, Achille Landini, Giuseppe Lampugnani, impiegando oltre 200 velivoli. Ciò permise di raggiungere la cifra record di 131 piloti brevettati in un solo mese.
1914. Il biposto “Alpi” con il motore Le Rhône da 80 CV |
Biplano Gabardini |
1913. Aeroporto di Cameri (Novara). La più grande scuola d’aviazione mondiale. 200 apparecchi efficienti, 1.500 piloti brevettati durante la guerra
Gabardini era portato a esagerare e dichiarò che quella di Cameri era la più grande scuola di volo del mondo, supportando la sua dichiarazione con fotografie, che oggi appaiono ritoccate ad arte, per documentare un numero di velivoli superiori a quelli effettivamente disponibili. Intanto la produzione dei velivoli continuava a crescere e alcuni esemplari vennero esportati in Argentina.
Il 24 luglio 1914 un suo velivolo (pilota Landini, passeggero il professor Lampugnani) partendo da Cameri, sorvolò il monte Rosa a quota 4.300 metri e atterrò a Viege in Svizzera. Purtroppo l’impresa non ebbe particolare risalto, in quanto il giorno seguente l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, con quel che ne seguì.
Cartolina dedicata alla traversata delle Alpi di Landini e Lampugnani a bordo del monoplano Gabardini, pubblicata dal ''Corriere di Novara''
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, avvenuta il 25 luglio 1914, data in cui l’impero Austro-Ungarico dichiarò guerra alla Serbia, Gabardini portò la sua attenzione alle cose militari per cui dedicò tutti i suoi sforzi alla produzione di velivoli addestratori per la formazione di piloti militari.
Egli sperimentò vari tipi di motori a partire dallo Gnôme 80 CV seguito dall’Anzani 30 CV, dal Gnôme 50 CV e infine dal LUCT 70 CV.
Nel periodo bellico la Gabardini arrivò ad avere oltre 1.100 dipendenti. Nel dopoguerra la Gabardini si trasformò in cansa (Costruzioni Aeronautiche Novaresi sa) che venne acquistata dalla FIAT e assunse la denominazione di FIAT-CANSA. Giuseppe Gabardini morì il 9 gennaio 1936 a Galliate (NO) in un incidente stradale sull’autostrada Torino Milano.
Il Bobba 160 CV pilotato da Cesare Bobba durante il Concorso Militare del 1913
Officine Thouvenot sul campo AVIS-Voisin di Cameri
La costruzione di un AVIS-Voisin presso lo stabilimento AVIS- Cagno di Cameri
L’avvicinarsi della esposizione universale del 1911 fece sorgere in Torino una miriade di iniziative tra cui quelle aeronautiche che sfociarono nella costituzione di nuove associazioni o aero club aventi la finalità di promuovere l’attività aeronautica. Queste iniziative ebbero però breve durata anche perché erano scarsamente suffragate dalla disponibilità di velivoli per incentivare l’attività degli appassionati.
Il 1° gennaio 1910 venne costituito l’“Aero Club Italiano” (con sede in Torino via Tiepolo 5-7 angolo corso Dante) con l’intento di “… cercare di avere scuole, officine, campi di aviazione in tutte le città e paesi ove vi sono degli associati” (Art. 2 dello statuto).
Direttore generale era C. Sylva, la quota sociale era di lire 2,50 più una quota una tantum di buon ingresso di lire 0,50 e nel 1911 contava ben 118 soci. L’Aero Club Italiano diede vita ad una pubblicazione ciclostilata “L’Aria” che relazionava ai soci sugli eventi aeronautici del Piemonte. Con analoghe finalità vennero anche aperte in corso Regina Margherita 52 la sezione di Torino della Società Aeronautica Italiana, e la Società Campo Aviazione di Salussola in via Sacchi 28 bis.
Tessera Dell'Areo Club Italiano |
"L'Aria - Rivista Illustrata di Areonautica", |
Settembre 1909. L’incidente che ha impedito a Leonino |
Settembre 1909. Leonino Da Zara sull’Aerocurvo Miller
|
Settembre 1909. Circuito aereo di Brescia. Qui vediamo dall'alto un Wright, un Farman, un Antoniette e un altro Farman |
Il battesimo ufficiale dell’aviazione in Europa avvenne con il “Concorso aviatorio di Reims” (Francia) tenutosi dal 22 al 28 agosto del 1909.
Pochi giorni dopo, dall’8 al 20 settembre a Montichiari (Brescia), venne organizzato il primo circuito aereo internazionale in Italia.
Vi parteciparono i migliori piloti del momento, ma di tutti i costruttori e progettisti che già operavano in quel momento in Italia (Frassinetti di Parma, Caproni di Milano, Gemma di Novara, Majoli di Napoli, Radici di Milano, Antoni di Parma) vi presero parte solo in tre: il biplano Faccioli 2 (pilota Mario Faccioli), l’“Aerocurvo” di Miller (pilota Leonino Da Zara) e il Cobianchi-Miller (pilota Mario Cobianchi) tutti e tre costruiti a Torino.
Nessuno di essi però, per un motivo o per l’altro, riuscì a decollare. Maggior successo ebbero invece gli Italiani che pilotavano aerei stranieri o di progettazione straniera come Alessandro Cagno e Alessandro Anzani su Voisin-Avis e Mario Calderara su Wright il quale vinse due gare.
La cronaca ci dice che tra i personaggi di spicco furono presenti per assistere alle competizioni aeree Gabriele d’Annunzio, Giacomo Puccini, Franz Kafka, Arturo Toscanini e Guglielmo Marconi.
17-24 Maggio 1914. La IV Esposizione di Aerolocomozione a Torino. Lo stand del Battaglione Aviatori
Nella prima Esposizione Italiana di Aviazione, tenutasi a Milano nel novembre 1909, la FIAT presentò oltre al già citato FIAT SA 8/75 da 50/60 CV per aerei, anche il FIATs53a da 65/80 CV, che equipaggiò il dirigibile Forlanini e in versione potenziata motorizzò i dirigibili militari italiani tipo “P” (piccolo) impiegati nella Grande Guerra.
L’anno successivo e più precisamente dal 27 marzo al 24 aprile 1910, alla presenza del duca di Genova e della principessa Laetitia, cui fece poi seguito la visita della Regina madre accompagnata ancora dal duca di Genova e dal duca degli Abruzzi, venne inaugurato a Torino il “vii Salone dell’Automobile” (allora chiamato “Esposizione Automobilistica”).
Per iniziativa della sat (ovvero l’Aero Club Torino) fu in parallelo organizzata la seconda Esposizione di Aerolocomozione nella quale furono presentati dei velivoli che suscitarono grande interesse: tra di essi i francesi Blériot, con motore Anzani da 26 CV, e Farman, oltre a 7 aerei di progettazione italiana: Ferrero & Tiboldo, Aluffi & C. il monoplano tipo Demoiselle di Navone, Bruno & Geninatti, l’Asteria di Darbesio e Origoni tutti di Torino e il monoplano del marchese Balbi di Genova costruito dalla ditta Castagneto di Voltri con motore Anzani da 25 CV, nonché motori aeronautici tra cui uno Gnôme da 50 CV e uno della società Rebus (Enrico Restelli e Carlo Felice) di Milano da 40 CV.
Completava la rassegna dei velivoli un grande modello dell’ingegnere Agostino Rosa di Candelo (NO) rappresentante un monoplano a controllo automatico che in prova aveva volato per 150 metri ad un’altezza di 3. Parallelamente dal 17 al 19 aprile 1910 si svolse il primo “Congresso Nazionale di Locomozione Aerea” presieduto da Carlo Montù, che ebbe un grande successo con la partecipazione di tutti i maggiori esperti nei campi tecnico, giuridico e sportivo. Questa iniziativa verrà replicata al Valentino dal 17 al 24 maggio 1914 e in quella occasione il Battaglione Aviatori partecipò con i velivoli Savoia-Farman, Nieuport-Macchi, Gabardini e Caproni, oltre ad aziende di motori e di forniture aeronautiche.
Torino, 17- 24 maggio 1914. La sezione aereonautica civile della IV Esposizione di Aereolocomozione: In primo piano l'Asteria MB
Il 1910 fu anche l’anno in cui il peruviano Geo (Jorge) Chávez compì la storica impresa della prima traversata delle Alpi.
Il 23 settembre 1910 (al secondo tentativo) a bordo di un monoplano Blériot xi, spinto da un motore “Gnome Omega” da 50 CV, decollò da Briga e, sorvolando il Sempione, si diresse verso Domodossola. L’impresa terminò tragicamente dopo 45 minuti quando, in fase di atterraggio, a un’altezza di circa venti metri dal suolo, l’aereo precipitò di muso per l’improvviso cedimento della struttura alare. Gravemente ferito, Chávez morì all’Ospedale San Biagio di Domodossola quattro giorni più tardi. Il sorvolo delle Alpi, per la sua temerarietà provocò stupore ed entusiasmo e suscitò un’ondata di commozione al punto che Giovanni Pascoli gli dedicò un’ode come a un nuovo eroe dell’aria.
Chávez fu sepolto nel cimitero Père-Lachaise a Parigi.
Copertina de "La Domenica del Corriere" disegnata da Achille Beltrame dedicata alla traversata delle Alpi di Jorge Chávez
23 settembre 1910. L'aereo di Chávez nell'incidente sulle Alpi
L’esposizione internazionale del 1911 venne assegnata a Torino per celebrare il 50° Anniversario dell’Unità Italiana. In quella occasione il comitato dell’Expo di Torino, in collaborazione con il comitato dei festeggiamenti di Roma, il Touring Club Italiano, la Società dei Parioli e il parigino “Petit Journal”, organizzò il raid Parigi-Roma-Torino mettendo in palio premi per mezzo milione di lire.
La mattina del 28 maggio 1911 alle ore 5,43 iniziarono dall’aerodromo di Buc (Parigi) i decolli di 26 aviatori, con il torinese Manissero unico italiano partecipante. Le tappe previste erano Digione, Lione, Avignone, Nizza, Genova, Pisa, Roma, Firenze Bologna e Torino.
Il solo pilota a percorrere in modo regolare le tappe sino al campo Parioli di Roma, dove giunse il 31 maggio, fu André Beaumont. Giunsero a Roma anche Roland Garros, André Frey e Renato Vidart.
Come detto, l’unico italiano in gara era Romolo Manissero che, il 28 maggio, partito da Buc alle 6,07, atterrò a Ballancourt in quanto il suo Blériot ebbe noie al motore. Il giorno successivo atterrò ad Avallon per lo stesso motivo e dopo le riparazioni fece di nuovo sosta a Coulmier, nei pressi di Chatillon e, infine, il 29 atterrò a Digione alle 18,27, sempre per noie al motore, dove decise di abbandonare la corsa.
Manissero in fase di decollo |
Poster del raid
|
Cartolina ricordo con i 26 concorrenti
La gara avrebbe dovuto continuare da Roma a Torino dove ad attenderli vi era una gran folla riunita in occasione della settimana aerea internazionale. Tutto era predisposto, ma a causa del maltempo solamente Frey con il suo Morane il 13 giugno tentò l’impresa che fallì per un incidente nei pressi di Viterbo causato dalla fitta nebbia. Nell’incidente Frey riportò gravi ferite rimanendo tredici ore fra i rottami del velivolo, con una gamba, un braccio e la mandibola rotti; egli fu finalmente raggiunto da una squadra di soccorso e trasportato all’Ospedale di Ronciglione dove rimase ricoverato a lungo. Ripresi i sensi, dichiarò di dovere la sua salvezza al casco e al terreno reso molle dalle piogge.
André Beaumont (pseudonimo del tenente di vascello Jean Conneau) fu considerato vincitore davanti a Roland Garros, Andrea Frey e Renato Vidart.
Beaumont in trionfo al suo arrivo a Roma
Con l’intento prendere tre piccioni con una fava: celebrare i 50 anni dell’unità d’Italia, festeggiare l’inaugurazione dell’aeroporto di Mirafiori e festeggiare l’arrivo dei concorrenti del raid Parigi-Roma-Torino (che invece si concluse a Roma per maltempo) fu organizzata dal 18 al 25 giugno 1911 un’importante settimana aerea alla quale presero parte gli italiani Romolo Manissero, Germano Ruggerone, Mario Cobianchi, Mario Faccioli, Umberto Cagno, Giuseppe Neri e Giuseppe Rossi; i piloti francesi: Gustave Weiss, René Labouchère, François Bonnier, Paul Van Gaver, Robert Martinet e il belga Julius Fischer.
La manifestazione si svolse con pieno successo nonostante il maltempo nelle giornate di lunedì e martedì, con i seguenti risultati:
Giugno 1911. Circuito aereo internazionale
Torino, giugno 1911. Gare di velocità con biplani
1911. Settimana Aerea Torinese. Lo Zodiac in volo sul campo di Mirafiori
Alessandro Umberto CagnoTorino 1883 – Torino 1971 Non si può fare una panoramica degli albori dell’aviazione a Torino senza ricordare il torinese Alessandro Umberto CAGNO anche se egli dimostrò la sua bravura aeronautica per lo più lontano dalla sua città.
|
Agli inizi del secolo scorso l’Italia, e in particolare Torino, vantava anche il primato negli studi relativi alla fisiologia del volo e nelle tecniche di selezione attitudinale dei futuri piloti.
Dalla fine dell’Ottocento era attivo a Torino un importante istituto di Fisiologia, riconosciuto anche in ambito internazionale, fondato da Jacob Moleschott e successivamente sviluppato da Angelo Mosso e Amedeo Herlitzka.
Jacob Moleschott nacque a ’s-Hertogenbosch, in Olanda, il 9 agosto 1822. Compì gli studi in Olanda, ma si iscrisse alla Facoltà medica di Heidelberg in Germania. Nel 1856 venne chiamato a insegnare Fisiologia all’università di Zurigo. Fu qui che conobbe Francesco De Sanctis, che era professore a Torino e teneva un corso di Letteratura italiana al Politecnico di Zurigo. Quando, nel 1861, De Sanctis divenne ministro della Pubblica Istruzione, Moleschott venne nominato professore di Fisiologia a Torino.
Raccolse intorno a sé un’ampia schiera di collaboratori, tra i quali Angelo Mosso. Nel 1878 venne chiamato a coprire la cattedra di Fisiologia nell’università di Roma e lasciò ad Angelo Mosso la cattedra di Fisiologia a Torino. Fu membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e Senatore del Regno. Morì a Roma il 20 maggio 1893.
Il medico fisiologo torinese Angelo Mosso, (Torino 1846-1910) è senza dubbio il padre della medicina aeronautica italiana. Laureato a Torino il 25 luglio 1870, frequentò i corsi di fisiologia. Vinto un concorso per un posto di perfezionamento a Firenze collaborò poi col laboratorio di Carl Ludwig, illustre fisiologo di Lipsia. Qui apprese l’uso della registrazione di movimento per mezzo di cilindri rotanti e portò questa tecnica in Italia, facendone ampio uso. Nel frattempo pubblicava lavori di un certo rilievo, ed iniziò a collaborare con Moleschott.
Iniziò studi sull’ipobarismo in camera a depressione ed ebbe l’idea di costruire un laboratorio sul monte Rosa conducendo test ed esperimenti alla “Capanna Margherita”, perfezionati poi successivamente nel grande Istituto al Col d’Olen nel 1907. Mosso dimostrò il suo valore con una notevole quantità di ricerche importanti, sui movimenti del cervello, sulla respirazione, sui movimenti dei vasi e del cuore, sulla contrazione muscolare, sulla respirazione e sugli scambi gassosi, sulla funzione regolatrice sui centri della co2 respiratoria.
Nel 1878, trasferito Moleschott a Roma, assunse l’ordinariato della cattedra di Fisiologia di Torino. Ben presto sull’Istituto di Fisiologia di Torino si accentrò l’attenzione e la stima dei fisiologi di tutto il mondo. Mosso è universalmente considerato un precursore della medicina aeronautica e spaziale.
Amedeo Herlitzka – Fisiologo italiano (Trieste 1872 – Torino 1949); professore incaricato a Torino di Chimica fisiologica nel 1909, successe l’anno seguente ad Angelo Mosso nella cattedra di Fisiologia. Durante la Prima guerra mondiale organizzò l’Istituto per l’esame psicofisiologico degli aviatori, che diresse fino al 1924. Gli fu conferita anche la direzione dell’Istituto A. Mosso, sul Monte Rosa. A lui si devono importanti lavori sulla fisiologia aeronautica e del lavoro. In Italia Amedeo Herlitzka in collaborazione con padre Agostino Gemelli, direttore dell’Istituto di Fisiologia di Milano, pose le fondamenta della psicologia applicata alla selezione attitudinale al pilotaggio, che furono riconosciute internazionalmente. L’attività di Herlitzka, insieme con quella di padre Agostino Gemelli, concorse in misura significativa al riconoscimento all’Italia, durante la Prima guerra mondiale e nei decenni successivi, di una indiscussa leadership negli studi sulla fisiologia del volo.
Nel 1912 presso il Politecnico di Torino, il professore Modesto Panetti fondò il Laboratorio di Aeronautica, situato negli edifici accanto al Castello del Valentino.
Panetti, anni dopo (1927), ricoprirà la carica di consigliere dell’Aero Club Torino sotto la presidenza del conte Carlo Nicolis di Robilant e la vicepresidenza del dottor Edoardo Agnelli.
Panetti tra l’altro fu membro dell’Accademia dei Lincei e presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino, senatore della Repubblica dal 1948 al 1953 e ministro delle Poste nel governo Pella nel 1953.
Vai al Capitolo Successivo |
Piazzale Volo a motore:
+39 348.0448082
Piazzale Volo a vela:
+39 335.1008670
Officina ASI: +39 011.710080
Ristorante Campo Volo:
+39 011.7725989
2021 © Aero Club Torino - Tutti i diritti riservati - CF: 01395280017 - Credits
Progettazione e realizzazione sito web
vg59* Progetti Multimediali